mercoledì 11 gennaio 2017

Come investire nel 2017. Consigli e rischi

Il panorama per il 2017, e più ancora per il biennio successivo, si fa ancora più impegnativo: se il 2016 ha insegnato che, nell’era delle politiche monetarie ultra-accomodanti da parte delle principali banche centrali fatte di Quantitative easing e di tassi pressoché a zero o perfino negativi, non è affatto facile estrarre rendimenti di portafoglio che superino i magrissimi ritorni dei titoli di Stato, nel 2017 - e ancor di più nel 2018 e 2019 - l’asticella salirà ancora.


Obbligazionario euro. 

I corsi obbligazionari di Eurolandia non hanno molte chance di spingersi oltre i massimi realizzati nel corso dell’estate 2016, che avevano schiacciato il rendimento a scadenza del decennale tedesco fino a -0,2% e quello del Btp a 10 anni fino alla soglia dell’1%, massimi da cui il mercato ha subito preso le distanze innescando il realizzo dei capital gain. Se da un lato gli 80 miliardi di acquisti mensili dell’Eurotower, nell’ambito del Qe, sono in grado di sostenere le quotazioni dei bond fino alla scadenza del programma stesso, dall’altro lato il mercato ha mostrato una buona dose di riluttanza nello spingere in territorio negativo i ritorni dei Bund decennali, tanto più che uscirebbero così dai paletti prefissati dal Qe.

Rendendo ora sostanzialmente zero, con scarsissime probabilità di assistere a un futuro apprezzamento dei corsi che possa rimpolparne il rendimento sul fronte dei capital gain, i titoli di Stato tedeschi e con essi tutte le obbligazioni sovrannazionali denominate in euro, esprimono quindi per i prossimi mesi un appealing di investimento sostanzialmente nullo. Che non migliorerà certo quando le quotazioni non saranno più sorrette dagli acquisti periodici della Bce: a quel punto verrà praticamente a mancare, se non per la parte di reinvestimento delle cedole e dei bond in scadenza acquistati nell’ambito del Qe, il più grande acquirente dell’ultimo biennio (la Bce) e questo presterà il fianco a un ribasso dei corsi obbligazionari, di cui peraltro si è già avuto un evidente assaggio nel corso dell’autunno. Questo rischio sarà ancora più marcato per i Paesi periferici come l’Italia, il cui spread nei confronti dei titoli tedeschi si è tendenzialmente compresso dall’avvio del Qe (da quota 160 centesimi a un minimo di 84 centesimi raggiunto nel dicembre 2015), ma che negli ultimi ha rialzato la testa a causa dell’incertezza legata al referendum e più in generale alle elezioni del 2017 in tre grandi Paesi dell’Unione monetaria.

Usa & Emerging market bond.

 Le obbligazioni denominate in dollari Usa, emesse da emittenti solidi, dovrebbero essere contemplate in discreta misura nel portafoglio obbligazionario, ricordando sempre che il rendimento attualmente simile ai titoli di Stato italiani va soppesato con l’esposizione al rischio di cambio. Mentre i bond ad alto rendimento emessi nelle valute di Paesi emergenti, che tra l’altro avrebbero le carte in regola per rientrare nel mirino degli investitori istituzionali nel 2017, possono costituire in dosi non elevate l’altra strada opportuna per innalzare le attese di rendimento, ma anche di rischio: i ritorni nell’ordine del 6% offerti da Messico e Sudafrica, dell’8% offerti dall’India e dalla Russia, fino all’11% offerto dal Brasile, sono certamente allettanti in un’ottica di assunzione in piccole dosi a scopo di innalzare la redditività complessiva del portafoglio obbligazionario attraverso un’opportuna diversificazione degli investimenti.

Tuttavia non va scordato l’elevato rischio di cambio a cui si trovano esposti questi bond: nel corso del 2015, quando si iniziava a parlare della fine del Qe targato Fed e di rialzo dei tassi, le monete degli emerging market hanno perso velocemente terreno giungendo a una svalutazione contro euro che in alcuni casi è stata nell’ordine del 30-35% nel giro di poco più di sei mesi. E anche se il 50% di questa flessione è stato mediamente recuperato nel corso del 2016, rimane un monito nei confronti dell’assunzione di posizioni troppo rilevanti: d’altronde l’inflazione di questi Paesi rimane comunque alta e ciò stimola, tra gli alti e bassi dettati da una volatilità nell’ordine del 10-12% su base annua, una pressione verso la svalutazione nel cambio futuro con l’euro.

Mercati azionari. 

A parte Wall Street e Londra, nel 2016 i principali indici dei Paesi sviluppati (Giappone compreso) hanno accusato perdite e anche la piazza londinese è negativa, a causa della svalutazione della sterlina, se la performance da inizio anno viene misurata nella moneta unica, così come diventa ampiamente positiva la performance in euro del Nikkei. Positive anche le prestazioni delle principali piazze emergenti con l’eccezione della Cina. Per il 2017, se lo scenario sarà supportato dalla tenuta dei prezzi del petrolio e più in generale delle materie prime, le stesse piazze emergenti saranno ancora favorite, se considerate senza esagerazioni in un’ottica di diversificazione del portafoglio azionario. Tra i Paesi sviluppati l’indice del Giappone mantiene un buon appeal grazie anche alla politica monetaria ultraespansiva della Bank of Japan, così come lo sono le piazze dell’euro se non fossero zavorrate sia dalle pesanti incertezze sulle banche e sia dagli appuntamenti elettorali: dopo il referendum italiano del 4 dicembre, il 2017 vedrà le elezioni in Olanda, Francia e Germania, dove è sentito il rischio di un’ascesa delle fazioni euroscettiche; oltre a ciò, si dovrà anche valutare la capacità di tenuta delle quotazioni nel momento in cui verrà meno il Qe della Bce.

Wall Street rimane invece sotto i riflettori internazionali: prima della vittoria di Trump le quotazioni erano abbastanza tirate in relazione agli utili aziendali, ma la revisione al rialzo stimolata dalla svolta espansiva alla politica fiscale insita nel programma del nuovo presidente Usa è in grado di aprire un nuovo spazio di avanzamento del mercato azionario nell’ordine del 15%. In sostanza, tutti cavalcheranno ancora il carrozzone che produce comunque dividendi e che è capace di ritoccare progressivamente i record storici, ma la guardia rimane alzata.

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