giovedì 2 novembre 2017

Previsioni sull'oro per fine 2017

Il meglio è probabilmente alle spalle. Almeno per un po’ di tempo è difficile che l’oro riveda il picco dei 1.358 dollari l’oncia toccato lo scorso 8 settembre. Gli esperti su questo sono piuttosto concordi e si attendono un metallo giallo intorno ai 1.200-1.250 dollari da qui a fine anno. Ulrich Stephan di Deutsche Bank ipotizza un oro intorno a quota 1.230 dollari a fine 2018, circa il 5% in meno rispetto alle quotazioni attuali. Gli analisti di Goldman Sachs stimano che il metallo giallo chiuderà l’anno a 1.250 dollari ma successivamente potrebbe scendere fino a 1.100 dollari.

È evidente che non pare proprio il momento giusto per comprare. Anzi, «per chi ha oro in portafoglio», spiega Paolo Vico di banca Ifigest, «potrebbe avere senso vendere oggi per poi ricomprare a un prezzo più basso». Anche perché, aggiunge il gestore «chi teme una ripresa dell’inflazione e vuole mettersi al riparo dall’aumento dei prezzi oggi ha opzioni più interessanti. A cominciare dalle banche che in uno scenario di tassi in aumento vedono rafforzarsi i loro margini».

Nel medio periodo la funzione di riparo dall’inflazione andrebbe inoltre ridimensionata spiega Tommaso Mancuso, head of Multi-Asset di Hermes I.M.: «Se è vero che l’oro nel lungo termine ha battuto l’inflazione, è altrettanto vero, che nel medio non è più affidabile del mercato azionario. Per esempio, se negli ultimi 100 anni l’oro ha reso più dell’inflazione statunitense, su un orizzonte triennale, il suo rendimento ha ecceduto l’inflazione solo un terzo delle volte. L’oro offre protezione contro la paura di inflazione, ma quando il timore diventa generalizzato, è spesso già troppo tardi per comprarlo».

Le mosse delle Banche centrali, in particolare della Federal Reserve, sono il fattore chiave su cui gli analisti basano le loro valutazioni sulle prospettive dell’oro. Tassi di interesse più alti significano infatti maggiori rendimenti per le obbligazioni e un rafforzamento del dollaro rendendo questi asset più appetibili. A maggior ragione se la stretta monetaria avviene in uno scenario di inflazione che resta contenuta e quindi viene meno l’appeal dell’oro in funzione anti-inflattiva. Oggi i mercati danno quasi per scontato, con una probabilità dell’80%, che la Fed alzerà nuovamente i tassi a dicembre.

Nel corso del 2018 sono attese altri due ritocchi al rialzo. L’ipotesi che la Casa Bianca sostituisca l’attuale presidente Jenet Yellen in scadenza di mandato a febbraio, con il “falco” ex Morgan Stanley, Kevin Warsh, non fa altro che accentuare il distacco degli investitori dal metallo prezioso. Inoltre il 26 ottobre è in programma una riunione della Banca centrale europea da cui potrebbero arrivare ulteriori indicazioni sui tempi di una normalizzazione della politica monetaria. Bene rifugio per tradizione secolare sull’oro influiscono naturalmente anche tensioni geopolitiche e sviluppi delle situazione internazionale più difficilmente prevedibili.

La corsa di fine estate è stata favorita dalle tensioni tra Stati Uniti e Corea del Nord che al momento sembrano parzialmente rientrate. Qualora lo scontro dovesse riacuirsi ne seguirebbe una pressione al rialzo sulle quotazioni. Non mancano analisti che conservano una visione positiva sul metallo giallo. Il recente calo delle quotazioni, spiegano, incorpora attese per un consolidamento della crescita economica che non è così scontato.

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